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Si parla di vaginismo quando è presente un’estrema difficoltà alla penetrazione vaginale, fino all’incapacità di esplorazione ginecologica digitale. Questa invalidante patologia è sostenuta dalla contrazione spastica involontaria dei muscoli perineali e dell’introito vaginale. Se non inquadrato e trattato, il disturbo determinerà nel tempo una grave compromissione non solo della vita sessuale ma anche della vita di relazione delle pazienti interessate.
Frequentemente il pudore e la resistenza nell’affrontare un argomento così delicato anche con il medico, nella speranza che la situazione si risolva da sola, avrà come conseguenza il progressivo aggravamento dei sintomi, sia nei casi insorti dall’esordio della vita sessuale che in quelli che si siano manifestati negli anni dopo una sessualità appagante.
CAUSE
In contrasto con quanto ipotizzato da molte pazienti affette da vaginismo primitivo, ovvero manifestatosi fin dal primo tentativo di rapporto sessuale, solo molto raramente la patologia è correlata a malformazione dei genitali. L’educazione familiare e culturale, l’inadeguatezza del partner e, purtroppo, esperienze di abuso sessuale, rappresentano la causa più frequente del problema.
Quando il vaginismo dovesse essere insorto in un secondo tempo, in una donna con precedente vita sessuale, la gamma di cause si estende da problemi familiari e relazionali con il partner, a traumi dell’apparato genitale (una delle cause più frequenti è il parto), a modificazioni del clima ormonale come si può osservare nel periodo successivo al parto e, molto frequentemente, dopo la menopausa. Non vanno poi dimenticate le cause mediche, sempre più frequenti, legate alle lunghe terapie anti ormonali per la cura di alcuni tumori (mammella).
SINTOMI
Il sintomo primo del vaginismo è rappresentato dal dolore nel tentativo di un rapporto sessuale dovuto alla contrattura spastica involontaria dei muscoli perineali e dell’introito vaginale. Tale contrattura muscolare a volte è scatenata da una sensazione di dolore e bruciore al primo contatto con le pareti vulvari non adeguatamente trofiche per carenza di estrogeni (menopausa), prevalenza relativa di progesterone (puerperio) o perché le condizioni psicologiche non sono tali da permettere la giusta lubrificazione. La netta riduzione delle secrezioni che provvedono alla lubrificazione vaginale provoca abrasioni e microfissurazioni urenti a seguito dei tentativi di penetrazione.
In menopausa il marcato assottigliamento delle pareti vaginali, dovuto alla carenza di estrogeni, determina la superficializzazione delle fibre nervose profonde che vanno incontro ad una iperstimolazione dolorosa durante i rapporti.
Tale situazione, se non opportunamente disattivata, determinerà l’insorgenza del timore che l’evento si possa ripresentare con il conseguente aggravamento e cronicizzazione dell’impossibilità ad una relazione sessuale.
TERAPIA
Il trattamento del vaginismo dipende ovviamente dalla causa che lo ha generato. Nei casi ad insorgenza primitiva, fin dai primi tentativi di rapporto sessuale, una volta escluse le rare condizioni malformative dell’apparato genitale, occorrerà intraprendere un lungo percorso di analisi sotto la guida di un esperto psicologo o sessuologo per poter isolare, affrontare e tentare di rimuovere le motivazioni alla base del problema.
Tutti i casi, primitivi e secondari, possono giovarsi dell’uso locale di creme lubrificanti, che però non devono essere considerati una cura, ma solo un ausilio ad attenuare i problemi. Nei casi secondari ad assottigliamento delle mucose vulvo-vaginali possono essere utilizzati con vantaggio prodotti ad uso locale contenenti estrogeni. L’approccio multimodale al vaginismo si configura spesso indispensabile per il trattamento della malattia, allo scopo di eliminare non solo la fobia della donna e i fattori psicosomatici annessi, ma anche di risolvere lo spasmo muscolare che s’instaura al momento della penetrazione.
Il trattamento del vaginismo quindi ha come scopo primario la modificazione della causa immediata del disturbo: la reazione condizionata. Il trattamento consiste nel progressivo decondizionamento dello spasmo involontario dei muscoli dell’entrata vaginale. Tuttavia, prima che questo traguardo possa essere raggiunto, deve essere rimossa la riluttanza fobica alla penetrazione vaginale, attraverso procedure psicoterapeutiche.
Dall’altra parte, la procedura per eliminare la risposta condizionata di spasmo, prevede uno specifico training nella gestione della risposta muscolare attraverso tecniche di rilassamento autogeno. Può essere previsto l’utilizzo di dilatatori di dimensioni crescenti, che vengono inseriti in vagina gradualmente, sotto il controllo della paziente, del terapista o del partner.
Si stanno osservando grandi benefici grazie all’uso di SERM (modulatori selettivi dei recettori estrogenici): sostanze non ormonali in grado però di attivare recettori cellulari per gli estrogeni solo in distretti corporei precisi. Tutte queste sostanze possono poi, nei casi più gravi dove l’innesco del dolore sia già attivo a livello del vestibolo vulvare, essere combinati con inibitori della risposta nervosa da applicare localmente. Recentemente sono stati registrati risultati assolutamente favorevoli grazie all’utilizzo di terapie fisiche locali (Laser, onde elettromagnetiche, radiofrequenze). Queste terapie sono particolarmente indicate in pazienti affette da disturbi della sfera uro-genitale dovuti a ipostimolazione ormonale. L’applicazione locale delle terapie fisiche determina in poche sedute l’ispessimento e il miglior trofismo e vascolarizzazione delle pareti vulvo-vaginali, con rapida e netta regressione dei sintomi. La procedura viene effettuata con poche sedute indolori e con successive applicazioni di mantenimento . Alle conoscenze attuali queste terapie dovrebbero poter essere applicate senza rischi anche nelle pazienti oncologiche.
Una terapia sperimentale che sta dando risposte positive è l’utilizzo della tossina botulinica ad alte dosi (fino anche a 400 U.I.) per il rilassamento della muscolatura perineale periorifiziale.